20 settembre 2012

Lucio Fontana , un grande dissacratore .



“È necessaria un’arte maggiore in accordo con le esigenze dello spirito nuovo”, scriveva Lucio Fontana nel Manifesto Blanco del 1946. Lo scandalo e l’orrore della Seconda Guerra Mondiale avevano tracciato un limite oltre il quale, per molti, non sarebbe più stato possibile fare arte; la realtà, colta dall’artista nato in Argentina nel 1899, però era diversa: era necessario trovare una nuova arte, già intravista dalle avanguardie di inizio Novecento, e che ora avrebbe dovuto esplodere in tutta la sua forza scandalosa e innovatrice. Saranno le sue opere, a partire dal ’49, a sancire il definitivo «superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica» perché quei tagli e le perforazioni squarciano scandalosamente la tela, superando la tradizionale concezione della bidimensionalità, e affermano una nuova dimensione totale dell’arte.

Fontana è stato uno degli ultimi grandi dissacratori. Ha traghettato l’arte dalle agonizzati e magniloquenti espressioni della modernità al postmoderno e all’arte concettuale e a quella performativa, in cui l’opera coincide con il gesto che la crea, in cui tutto è dissacrazione e quindi nulla lo è più veramente – forse, quest’esito nichilistico, l’artista spazialista non se lo prefigurava.

“Io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere.. tutti hanno creduto che volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non distrutto, è lì la cosa….”  - Lucio Fontana, Milano 10 ottobre 1967 -
 Lucio Fontana nasce in Argentina, a Rosario di Santa Fé, il 19 febbraio 1899 da genitori italiani. Seguendo le orme del padre, inizia la sua attività artistica come scultore, e già negli anni trenta, soggiornando alternativamente in Italia e in Argentina, dà prova della sua capacità di agire in campi apparentemente lontanissimi, conciliando la monumentalità figurativa con le prime sculture astratte. 
Operando tra figurativo e astratto, la sua scultura, sia in terracotta sia in gesso, con o senza colore, diventa più libera e personale. In quegli anni, importantissimi per la sua ricerca artistica, partecipa alla Triennale di Milano, alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma. Nel 1934 Fontana entra in contatto con l'ambiente dell'astrattismo lombardo legato alla galleria milanese “Il Milione”. L'anno dopo, si lega al gruppo parigino "Abstraction-Création". Alterna opere astratte, come le tavolette graffite o le sculture in ferro filiformi, con le ceramiche "barocche", che realizza presso le fornaci di Albisola e Sévres, nel 1937. 
Intensa, già in questo periodo, la sua attività con gli architetti più all'avanguardia, collaborando ai loro progetti con sculture e rilievi, un'attività che porterà avanti per buona parte della sua vita. 
All'inizio del 1940 si stabilisce a Buenos Aires, dove lavora intensamente e vince vari concorsi di scultura. E’ proprio qui che, nel 1946, in contatto con giovani artisti e intellettuali, partecipa alla stesura del Manifiesto Blanco, che segna la nascita dello spazialismo, e in cui si inizia a delineare l’urgenza di un’arte integrale che contenga le quattro dimensioni dell’esistenza, come sintesi di colore, suono e movimento, nello spazio e del tempo. 
Nello stesso anno, Lucio Fontana ritorna in Italia, riunisce subito attorno a sé numerosi artisti e nel 1948 fonda il Movimento Spaziale, stilando il Manifesto dello Spazialismo, teso al rinnovamento dell’arte in un mondo proiettato verso gli spazi cosmici.  Il termine “spaziale”, infatti, fa riferimento all’era spaziale, in cui i progressi scientifici e tecnologici permettono all’umanità di accedere a nuovi spazi e nuovi tempi. Uno dei nuclei della ricerca spazialista sta infatti nel tentativo di fondere “scienza e arte, in modo che i gesti compiuti da una delle due attività possono appartenere anche all’altra”. L’artista cerca perciò di collocare l’opera in una nuova dimensione temporale e mediale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione come radio e televisione, in modo che essa non risulti più isolata e compiuta in se stessa, bensì in evoluzione nello spazio e nel tempo, e aperta alla interazione con lo spettatore. Il movimento spaziale, però, esprime anche l’esigenza di interpretare in termini inediti la relazione tra l’uomo e lo spazio che lo circonda. “Non ci può essere una pittura o scultura spaziale” scrive infatti lo stesso Fontana “ma solo un concetto spaziale dell’arte”. In questo contesto, l’espressione artistica, secondo Fontana, non può più limitarsi alle forme canoniche del quadro e della scultura, ma deve diventare a tutti gli effetti opera d’arte totale. 
E’ con queste intenzioni che, nel 1949 alla Galleria del Naviglio a Milano, espone l'Ambiente nero a luce di Wood, un ambiente buio illuminato da una luce di Wood in cui galleggiano forme fosforescenti ed echeggiano musiche, suscitando al tempo stesso grande entusiasmo e scalpore. 
Due anni dopo, nel 1951, Lucio Fontana espone alla Triennale di Milano col il grande Concetto spaziale, un arabesco realizzato con tubi luminosi al neon, puro disegno di luce nello spazio.
Le sperimentazioni ambientali di Fontana, realizzate ben prima degli anni dell’Arte Ambientale, sono tra le opere più rivoluzionarie dell’arte internazionale, realizzate probabilmente senza eccessive intenzioni ideologiche da un artista che desiderava sperimentare, pur continuando ad amare la forma, il gesto e la materia. 
Nel 1951, infatti, nascono le prime carte monocrome con i "Buchi", come concretizzazione formale delle idee “spazialiste” dell’artista. E' l'inizio della grande stagione dei Concetti spaziali.    
Tra il 1951 e il 1957 elabora diversi cicli di opere, basate sulla perforazione del supporto - tela, tavola, carta - e la sovrapposizione di materiali vari, pietre, pezzetti di vetro, gesso, sabbia, lustrini. 
Passa poi alle tele dipinte all'anilina e alle sculture spaziali su gambo. L’intera attività artistica di Fontana, in effetti, è contrassegnata dalla convivenza di esperienza diverse, e, contemporaneamente alle ricerche gestuali degli anni quaranta/cinquanta, nulla vietò all’artista di continuare ad agire anche in altre direzioni più materiche, caratterizzate dalla produzione di ceramiche riccamente decorate e colorate.  
Sul finire del 1958 realizza le prime opere con i "tagli", che riproporrà nel 1959 su tela, con il titolo “Concetto spaziale”, quasi sempre accompagnato dall’altro titolo di “Attese”. 
I “tagli” di Fontana, oggi famosi in tutto il mondo, suscitarono inizialmente grande scandalo e furono interpretati come una provocazione con cui l’artista voleva dimostrare l’artificiosità e la vuotezza dell’arte contemporanea. In effetti, se si considera tutto il lavoro artistico svolto da Fontana a partire dagli anni trenta, si comprende come i suoi “tagli” siano in realtà coerenti con lo sviluppo innovativo del linguaggio dell’arte e, nel contempo, in armonia con i valori formali della tradizione artistica italiana. Oggi, infatti, l’opera di Fontana non si considera più come una provocazione, ma come la volontà geniale di andare oltre la superficie senza però rinunciare al classico campo d’azione artistica, simboleggiato proprio dallo spazio della tela. Con i “tagli”, dunque, l’artista vuole andare “oltre la tela” e quindi oltre la tradizione artistica e lo spazio ristretto del quadro, ma senza rinnegarli del tutto; ecco perché queste opere restano comunque dei quadri, restano comunque “pittura”.
I “tagli”, come i “buchi” che li hanno preceduti, rispondevano all’esigenza di trovare una nuova spazialità anche nell’arte, dopo che la scienza aveva indicato nuovi confini e nuovi concetti di spazio. Non provocazione e non distruzione, i fori e i tagli di Fontana vogliono schiudere la tela verso l’infinito. 
Dello stesso periodo sono anche le “Nature”, sculture in bronzo o terracotta, lacerate da incisioni profonde, non prive di riferimento organico-sessuale. 
Nel 1960, parallelamente alle tele con i tagli, avvia il ciclo di tele con i cosiddetti "Crateri", squarci prodotti nella tela, spalmata di colore ad olio. 
Nel 1962 è la volta dei "Metalli", lastre di ottone o di acciaio squarciate.
Nel 1963 appare la notissima serie della “Fine di Dio”, grandi tele ovali verticali monocrome, tutte dello stesso formato, recanti squarci, buchi e a volte cosparse di lustrini. 
Nel 1964 è la volta dei cosiddetti "Teatrini", tele monocrome bucate, incorniciate da bordi sagomati in legno che simulano una quinta teatrale. 
Non abbandona però i "tagli", cui rimane fedele sino all'ultimo, e nel 1966, per la sua sala bianca, con tele bianche segnate da un solo taglio verticale, la giuria internazionale della XXXIIIº Biennale di Venezia gli assegna il primo premio per la pittura.
Lucio Fontana muore il 7 settembre 1968, dopo essersi trasferito nella casa di famiglia a Cornabbio, in provincia di Varese. La presenza di opere di Fontana nelle collezioni permanenti di più di cento musei di tutto il mondo e i prezzi raggiunti dalle sue opere, sono un'ulteriore conferma dell'importanza della sua arte.
Attorno alla personalità carismatica e visionaria di Fontana si raccolsero artisti, critici e letterati, che aderirono al Movimento Spaziale. Tra questi Roberto Crippa, che conferisce alle sue opere un’identità spaziale attraverso grandi e vorticose spirali, e Gianni Dova che utilizza macchie e segni automatici spesso ottenuti dai giochi casuali dello smalto emulsionato sulla tela, in modo da evocare uno spazio sommerso dalla trasparenza del colore. Tra i milanesi sono da ricordare anche  Cesare Peverelli e Aldo Bergolli. Il movimento spaziale ebbe anche un’ ala veneziana rappresentata da: Tancredi, Mario De Luigi, Virgilio Guidi, Vinicio Vianello, Edmondo Bacci, Gino Morandi e lo scultore Bruno De Toffoli. In Liguria poi sono attivi: Giancarozzi ed Emilio Scanavino. In altre parti d’Italia sono da ricordare: Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Roberto Sebastiàn Matta, Enrico Donati. 
Bisogna precisare, tuttavia, che nel lavoro di questi artisti non si rinvengono elementi comuni al di là della generica appartenenza al linguaggio informale; la loro adesione al movimento spaziale va intesa quindi come un puro atto di condivisione della intenzione di rinnovamento sostenuta da Fontana.

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