22 settembre 2011

Benvenuto Cellini


Benvenuto Cellini



La Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze, o più semplicemente Vita, è l'autobiografia di Benvenuto Cellini. Scritta tra il 1558 e il novembre 1562 (nove anni prima la morte dell'autore), oltre che un prezioso documento sulla vita di uno dei maggiori artisti del XVI secolo e sulla storia del'epoca, è considerato un capolavoro di narrativa per la sua spontaneità, la vivacità narrativa, le invenzioni linguistiche e la ricchezza di episodi e aneddoti.

Indice

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[modifica]Storia

All'età di 58 anni Cellini, dopo aver lavorato per i papi e i grandi signori del suo tempo, era al soldo diCosimo I de' Medici, con il quale aveva un rapporto controverso, fatto di grande stima reciproca ma anche di delusioni e lunghi periodi di inattività. Condannato nel luglio 1577 per un episodio di sodomia a quattro anni di carcere, la sua pena era stata convertita in un confinamento in casa. Proprio in quel periodo, per riguadagnare importanza agli occhi del Duca di Firenze, iniziò la stesura della Vita, che venne in larga parte dettata, come dice l'autore stesso, mentre Cellini lavorava ad altre opere di scultura o oreficeria. Per aiutarlo aveva appositamente preso un assistente a cui dettare, il quattordicenne e malaticcio figlio di un certo Michele di Goro, originario del Valdarno.
La particolare forma di stesura è all'origine del linguaggio schietto e colloquiale, privo di orpelli e di retorica. Nell'aprile o nel maggio del 1559 il manoscritto venne inviato all'amico Benedetto Varchi, per valutare se la forma colloquiale del libro fosse buona o andasse rivista. Con spirito lungimirante, lo storico e filosofo fiorentino rispose a Cellini che il "discorso semplice" in cui gli era stato dato a leggere il manoscritto non aveva bisogno ritocchi e, a parte qualche suggerimento,ciò permise di non snaturare la freschezza del testo (cosa che invece non avvenne con il Trattato di scultura e il Trattato di oreficeria, dove un giovane allievo del Varchi, Gherardo Spini, operò invece arbitrariamente tagli e inserti di citazioni classiche ed erudite).
Dopo la morte del Cellini il manoscritto della Vita passò ai suoi eredi, poi ala famiglia Cavalcanti a fine del XVII secolo. Nel 1691 appartenne a Francesco Redi, che fece fare varie copie integrali e parziali del manoscritto. Nel 1728 l'erudito Antonio Cocchi lo diede alle stampe (l'edizione riporta come città di stampa Colonia, ma forse è un'indicazione generica, per non incorrere in censure), nel 1771 venne tradotto in inglese da Thomas Nugent e nel 1796 in tedesco da Goethe. Nel 1805 il manoscritto originale ricomparve nella Biblioteca Medicea Laurenziana a Firenze.
Per tutto il XIX secolo, sulla scia dei romanzi storici di Walter ScottWilkie Collins e Dumas, il libro godette di una salda e crescente popolarità, tanto che la fama di Cellini come scrittore aveva sicuramente eclissato quella di artista, anche per la scarsa conoscenza all'epoca di opere sicuramente di sua mano. Molti, come Francesco de Sanctis, ritenevano i fatti e i primati narrati come pura megalomania dell'autore, mentre oggi si è riusciti a stabilire che, a parte qualche inevitabile errore e qualche svista, la Vita è di gran lunga un'opera veritiera, puntualmente verificata dai controlli in archivio e sul catalogo delle opere dell'artista.
Un'edizione critica molto accurata si ebbe a cura di Francesco Tassi nel 1829.

[modifica]Contenuto

La Vita è un memoriale, ma la sua stesura venne fin dall'inizio pensata come un'apologia dell'autore, più che un resoconto, e la lettura era pensata per un vasto pubblico. Vasari stesso, nel redigere la seconda edizione delle Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), descrisse la vita e le opere di Cellini solo sommariamente poiché, scrisse, "egli stesso ha scritto la vita e l'opere sue".
Il tema centrale dell'opera è quello della realizzazione delle proprie ambizioni da parte dell'artista e della sua genialità, nonostante le avversità, le frustrazioni e le delusioni. Cellini ebbe come obiettivo la descrizione delle sue opere artistiche e le difficoltà incontrate per compierle, tralasciando le cose meno importanti o i fatti di cui ha un ricordo vago. Omessi sono anche la maggior parte degli accenni al reato di sodomia, per convenienza.
Il risultato è un affresco dell'epoca che non ha eguali, in cui convivono splendori e miserie, personaggi raffinati e crudeli, capolavori e delitti. Sebbene il giudizio di Cellini non sia mai scevro da simpatie o rancori personali, nella Vita scorrono i ritratti di tutti i protagonisti dell'epoca in cui visse, testimoniandoci aspetti caratteriali e privati di papi, cardinali, signori, principi, artisti, cortigiani, genti d'arme e popolani. Tra gli episodi più celebri: l'energica partecipazione alla difesa del papa durante ilSacco di Roma; la spericolata evasione dal carcere di Castel Sant'Angelo e la sua successiva reincarcerazione nelle terribili segrete, dove ebbe visioni e una crisi spirituale; il sabba tenuto da unnegromante una notte nel Colosseo; gli scontri con Baccio Bandinelli alla corte di Cosimo I de' Medici; la rocambolesca fusione del Perseo.

[modifica]Bibliografia

  • Vita di Benvenuto Cellini, edizione a cura di Ettore Camesasca, Classici Bur, Milano 2007, prima edizione 1985. ISBN 978-88-17-16532-7

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Il padre, Giovanni Cellini, figlio di un muratore, era suonatore e costruttore di strumenti musicali e sposò Maria Lisabetta Granacci, dalla quale ebbe Benvenuto.
Benvenuto fu il secondogenito, chiamato così perché il padre si aspettava una figlia. Il padre inizialmente cercò di indirizzarlo verso una carriera da musico, ed il giovane Benvenuto ne possedeva anche le doti, in particolare nel flauto e nel canto.
Già a quattordici anni viene messo a lavoro in una bottega gestita dal padre dello scultore Baccio BandinelliMichelangelo Brandini. L'anno successivo passa alla bottega dell'orafo Marconi.
All'età di sedici anni viene bandito da Firenze per aver partecipato ad una rissa assieme al fratello, cosa che si ripeterà anche successivamente, in questa occasione si rifugerà a Siena.
Dopo altri studi a Bologna ed a Pisa sotto l'orefice Ulivieri Della Chiostra viene coinvolto in un'altra zuffa a Firenze assieme al fratello Cecchino e si rifugia prima a Siena di nuovo, poi a Roma dove inizierà a lavorare nella bottega di Giovanni de' Georgis. Non ha ancora vent'anni.
Nel 1524 apre una bottega propria e fabbrica numerose opere, inoltre in questi primi anni romani entrerà in contatto con numerosi artisti ed orefici, apprendendo molto da loro.
Benvenuto partecipò con successo alla difesa di Castel Sant'Angelo e del papa Clemente VII durante il Sacco di Roma nel 1527, uccidendo, insieme ad altri, il comandanteCarlo III di Borbone con un colpo di archibugio e ferendo il suo successore principe d'Orange. Dopo il sacco si dirige aMantova ed esegue alcune opere per i membri della famiglia Gonzaga.
Nel 1529 Clemente VII lo richiama a Roma e lo nomina stampatore ufficiale della zecca pontificia. Nello stesso anno viene ucciso a Roma in una rissa suo fratello Cecchino che aveva intrapreso la carriera di soldato di ventura.
Dall'inizio del 1533 viene rimosso dall'incarico di stampatore ed anche da quello di Mazziere (soldato di scorta del Papa); egli attribuisce questa sua revoca alle voci fatte girare su di lui da un altro orefice romano, Pompeo de' Capitaneis, che ucciderà per paura di un suo attacco nel periodo di interregno tra la morte di Clemente VII e l'elezione di papa Paolo III Farnese, che appena eletto lo assolve.
Si scontra però con il violento figlio del Papa, Pier Luigi Farnese e temendo per la propria vita fugge a Firenze dove lavora per un breve periodo alla corte di Alessandro de' Medici, duca di Firenze, ma torna poco dopo a Roma chiamato dal Papa.
Nel 1537 fugge improvvisamente da Roma per rifugiarsi in Francia alla corte di Francesco I lavorando per un breve periodo al servizio del cardinale Pietro Bembo a Padova, ma arrivato in Francia decide di tornare in Italia non ricevendo incarichi da Francesco I. Rientrato a Roma viene accusato di avere sottratto alcuni beni papali durante il Sacco della Città e per questo viene imprigionato in Castel Sant'Angelo.

La saliera (1540-43)
Dopo aver passato un lungo periodo nella prigione papale di Castel sant'Angelo (e fattosi anche protagonista di una rocambolesca fuga), per i dissidi con il papa Paolo III e suo figlio, Benvenuto si rifugiò in Francia alla corte del re Francesco, sotto il quale lavorò per alcuni anni creando per lui una delle sue opere di oreficeria più celebri, la saliera raffigurante la terra ed il mare. Durante questa parentesi francese viene anche processato per sodomia dai tribunali francesi, denunciato da una sua modella. Dopo questo episodio ed altre difficoltà nel proseguire i suoi lavori, dovuti principalmente alla forte antipatia che la favorita del ReMadame d'Étampes provava nei suoi confronti, decise di tornare a Firenze ove fu eletto Accademico nella prestigiosa Accademia e Compagnia delle Arti del Disegno fondata nel 1563 da Cosimo I de' Medici. Poliedrico artista, con la sua lingua ficcante, diretta e schietta riuscì a prendere parte anche nella letteratura italiana. Se ne ha un bell'esempio nella Vita, autobiografia scritta tra il 1558 e il 1566, nove anni prima della morte dell'autore. Che oltre ad essere un diretto documento sulla vita di uno dei maggiori artisti del XVI secolo, la si può considerare come uno dei massimi capolavori di narrativa per la sua spontaneità, la vivacità narrativa, le invenzioni linguistiche e la ricchezza di episodi che dipingono un'epoca a colori vivaci.

[modifica]Sculture


Medaglia di Francesco I di Francia

[modifica]Scritti

[modifica]Cellini in Dago

Cellini compare come personaggio secondario nel fumetto argentino Dago, in veste di guerriero e donnaiolo, durante la saga sul sacco di Roma del 1527. Il personaggio è stato ripreso anche per un altro albo di Dago intitolato Genio e Sregolatezza.

[modifica]Curiosità

  • Un ritratto ottocentesco di Benvenuto Cellini chiude la serie dei fiorentini illustri del piazzale degliUffizi.
  • Nel 1532 si rifugiò nel Castello Savelli Torlonia scappando dalle ire del papa per aver ferito un uomo[2].
  • Un'opera lirica di Berlioz è intitolata "Benvenuto Cellini".

[modifica]Note

  1. ^ L'autore stesso nella sua autobiografia dice di essere nato per Ognissanti, ma sappiamo che in realtà lo scultore è nato a fineNovembre.
  2. ^ Citazione dal sito di tibursuperbum

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[modifica]Collegamenti esterni

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